
La Cassazione ha confermato la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva condannato, per lesioni colpose gravi, A.G., direttore di un istituto sanitario, a due mesi di reclusione, convertiti in 2.280 euro di multa (pena sospesa) e al pagamento di 5.000 euro di provvisionale.
Il caso è quello di una donna di Grosseto che si era rivolta a una struttura sanitaria del centro di Milano, che pubblicizzava una nuova tecnica di intervento odontoiatrico, ma, invece di essere curata dalla malattia, che le stava facendo perdere tutti i denti, la donna di Grosseto si è dovuta sottoporre a una cura a causa di una infezione e ad altre due operazioni chirurgiche.
Secondo l’accusa, nel 2007 il medico, prima dell’operazione, non aveva fatto le analisi che avrebbero evitato una scelta errata del tipo di intervento. Il fatto è ancor più grave perché alla paziente, che allora aveva 45 anni, sarebbe stato fatto firmare un «consenso informato» da una segretaria, che non «era in grado di fornire spiegazioni tecniche o chiarimenti», tale «consenso» conteneva inoltre solo indicazioni generiche, fatto che proverebbe la «totale trascuratezza nella gestione del malato» da parte della struttura.
Il processo è arrivato in poco tempo alla Cassazione e quest’ultima ha confermato la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva condannato il direttore dell’istituto sanitario.